“Se vuoi capire una persona, non ascoltare le sue parole,
osserva il suo comportamento”
Albert Einstein
Quando si pensa alla comunicazione, la prima cosa che viene in mente sono le parole, ossia la comunicazione verbale. Ciò perché quando comunichiamo, la nostra parte consapevole è attivamente impegnata a cercare con cura le parole giuste per dare voce attraverso di esse ai nostri pensieri e alle nostre emozioni.
In realtà però, mentre siamo impegnati a scegliere le parole che compongono i nostri discorsi, inconsapevolmente finiamo per lasciarci sfuggire, attraverso un gesto, un’espressione del viso, pensieri ed emozioni che magari non avremmo voluto comunicare. Almeno non intenzionalmente.
In psicologia è nota come “comunicazione non verbale”, e indica tutto ciò che comunichiamo senza l’uso delle parole, ossia attraverso il linguaggio del corpo: mimiche facciali, microespressioni, gesti, postura etc… Insomma, attraverso tutti quei canali che non controlliamo direttamente, ma che sono mossi più da dinamiche inconsce, e per questo spesso rivelatori di pensieri molto meno edificanti o socialmente accettati.
Apparentemente possono sembrare briciole, se confrontate alle informazioni contenute nelle parole; briciole, che tra l’altro tendono a sfuggire all’occhio non allenato. Invece possono contenere una miriade di informazioni per chi ha occhi per vedere…
Il corpo che parla
È sufficiente che guardiate un film muto di Charlie Chaplin per rendervi conto delle capacità espressive del nostro corpo, e di quanto anche la sola espressione del nostro viso sia in grado di comunicare senza l’ausilio delle parole – i più giovani possono guardare tranquillamente un video di Tess Masazza togliendo l’audio.
In entrambi i casi, non sono le parole a raccontare storie, a trasmettere significati ed emozioni o a creare effetti comici, ma piuttosto l’espressione del viso, i movimenti del corpo, i gesti e addirittura la semplice postura.
È il corpo che parla, usando un alfabeto che noi conosciamo solo istintivamente, ma sul quale abbiamo, solitamente, uno scarsissimo controllo cosciente.
Per questo motivo, se volete scoprire se qualcuno vi sta mentendo, è meglio affidarsi al linguaggio del corpo piuttosto che a quello delle parole. Mentire con le parole è semplice, mentire con gli occhi, molto meno.
Come scriveva Freud, che è stato un finissimo osservatore dell’animo umano: “Chi ha occhi per vedere e orecchie per intendere può convincersi che ai mortali non è possibile celare nessun segreto. Chi tace con le labbra chiacchiera con la punta delle dita, si tradisce attraverso tutti i pori”
La Comunicazione paradossale
Quando la comunicazione verbale e quella non verbale si incrociano, anzi, si scontrano, può accadere qualcosa di estremamente curioso. È il caso della cosiddetta comunicazione paradossale.
Si tratta di un tipo di comunicazione tanto diffusa quanto sconosciuta al grande pubblico, e avviene quando il linguaggio verbale e quello non verbale si contraddicono o entrano in conflitto.
Un esempio? Avete presente quando qualcuno vi dice che non ha fretta, ma continua a guardare nervosamente le lancette dell’orologio? Ecco: attraverso la comunicazione verbale (le parole) vi dice: < Non ho fretta >, ma attraverso la comunicazione non verbale (i gesti) vi comunica < ho fretta >. I due messaggi sono completamente paradossali, perché l’uno in antitesi rispetto all’altro. E per di più vengono comunicati contemporaneamente. È per questo che in situazioni del genere reagiamo spiazzati, facendo la faccia di chi non sa che pesci prendere. Infatti, sappiamo a un qualche livello che qualcosa stride, ma non sappiamo bene cosa. Inoltre, dentro di noi sorge silente un dilemma: a quale parte devo dare ascolto, alle parole o ai gesti?
Nel cinema, fin dai tempi di Charlie Chaplin e con l’introduzione del sonoro, questi paradossi sono stati usati in maniera ironica, dando vita a irresistibili gag comiche. Nella vita di tutti i giorni, invece, un tipo di comunicazione così ambivalente e confusa non può che generare in noi altrettanta confusione, rendendoci difficile reagire adeguatamente.
Non a caso, quando questo stile comunicativo diventa predominante in una relazione di vitale importanza (come genitore-figlio, o marito-moglie), può finire per provocare gravi problemi psicologici.
Pensate ad una mamma che a parole autorizza il figlio ad uscire con gli amici, ma che con un solo sguardo riesce a farlo sentire in colpa per averla lasciata sola non appena questi si accinge a varcare l’uscio di casa.
Sicuramente Charlie Chaplin o Tess Masazza riuscirebbero a farne una divertentissima gag, ma nella vita reale essere quel figlio significa vivere sentimenti ambivalenti riguardo alla propria libertà individuale, e quindi una difficoltà a gestire il distacco dalla figura genitoriale.
Infatti, la comunicazione paradossale della madre pone il figlio nella scomoda posizione di “perdere”, qualunque mossa decida di fare: perché se esce si sente vagamente in colpa verso la madre che in maniera non verbale gli ha comunicato di restare con lei; se invece non esce sta “disubbidendo” alle parole della madre che lo autorizzava ad uscire. Insomma: un bel rompicapo. Un rompicapo che se avviene ripetutamente può davvero creare seri problemi in chi lo subisce.
Breve corso di autodifesa
Naturalmente va sottolineato che solitamente la comunicazione paradossale non crea grossi problemi, e talvolta, come Charlie Chaplin ci ha mostrato nei suoi film, può persino creare divertenti effetti comici.
Tuttavia in alcuni casi, all’interno di relazioni significative, in cui il soggetto più debole si trova in una condizione di dipendenza dall’altro ed è impossibilitato ad abbandonare la relazione, può dare vita a seri problemi.
Come difendersi dalle comunicazioni paradossali tossiche e non cadere nei tranelli semantici?
Il modo più efficace è innanzitutto prestare attenzione, quando comunichiamo con qualcuno, anche al linguaggio del corpo, cercando di imparare a decifrare correttamente tutti i segnali non verbali, come le espressioni del viso, la postura, i gesti etc…
Infine, portare a galla la discordanza tra il livello di comunicazione verbale e quello non verbale, rendendo così cosciente ciò che solitamente invece rimane taciuto. In questo modo sarà l’interlocutore a dover giustificare e rendere conto (persino a se stesso) del paradosso che sta esprimendo.
Davide Lo Presti
PSICOLOGO
►Autore del libro: “La profezia che si autorealizza. Il potere delle aspettative di creare la realtà”
►Accedi ai Contenuti Speciali del libro: http://www.psicologomontecatini.com/speciale-la-profezia-che-si-autorealizza/
►Qui il link Amazon: https://amzn.to/2lopR5Q
►Seguimi sul gruppo Facebook che gestisco insieme a Luca Mazzucchelli “Libri per la mente”: https://www.facebook.com/groups/1457469367657531/?ref=bookmarks
Potrai trovare una vivace comunity appassionata di psicologia e crescita personale
Autore dell’articolo: Dr. Davide Lo Presti – Psicologo
Ordine degli Psicologi della Toscana. Iscrizione all’Albo N°6319
Tel: 346. 76.48.810
e-mail: davidelopresti@alice.it
www.psicologomontecatini.com
Riceve a Montecatini Terme (PT)